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Saranno le emoji il linguaggio universale del futuro?

Le emoji, simboli formati da 144 pixel (12 per lato) e creati sul finire degli anni 90 in Giappone, stanno letteralmente spopolando nel corso degli ultimi anni. Nati per facilitare le comunicazioni elettroniche fra i device del paese del Sol Levante, si sono poi allargati anche ad altri paesi ed altre piattaforme, quali Android, iOS, Facebook e tantissimi altri.

Ma cosa rende così appetitosi questi simboli? Sicuramente la facilità di esprimere un sentimento (un’immagine vale più di mille parole, e nei tempi dei 140 caratteri di twitter è una manna dal cielo), nonché l’immediatezza nell’esprimere un concetto.

Il potere delle emoji è ormai dilagante, basti pensare a chi se le tatua sul corpo o chi per una settimana ha seguito la dieta emoji, nutrendosi cioè solo ed esclusivamente di ciò che è rappresentato attraverso questi simboli. C’è addirittura chi è pronto a scommettere che siano i geroglifici del futuro, un linguaggio universalmente conosciuto e riconosciuto.

Un esempio? Sono addirittura due le chat create ed interamente basate sulle 1500 emoji esistenti: emojly ed emojicate, ed è stato inoltre recentemente creato un intero social network chiamato emojili. Naturalmente, anche i nomi degli utenti, non sono altro che… emoji.

Possibile che siano destinate a diventare il linguaggio del futuro? Al momento pare di no, complice soprattutto il fatto che il significato di alcune emoji, per i non giapponesi, continua ad essere male interpretato (Le 10 emoji dal significato nascosto). Nell’attesa però, c’è già un professore che supera le barriere linguistiche utilizzandole per insegnare l’arte ai suoi studenti cinesi pur non conoscendo nemmeno una parola di cinese.